Come ti senti durante il Natale?
Ho ricevuto molte risposte a questa semplice domanda, parliamone qui
Still not happy
Charlie Brown: I think there must be something wrong with me, Linus. Christmas is coming but I'm not happy. I don't feel the way I'm supposed to feel, I just don't understand Christmas, I guess. I like getting presents and sending Christmas cards and decorating trees and all that but I'm still not happy. I always end up feeling depressed.
Linus: Charlie Brown, you're the only person I know who can take a wonderful season like Christmas and turn it into a problem. Maybe Lucy's right, of all the Charlie Browns in the world you're the Charlie Brownest.Da “A Charlie Brown Christmas”, 1965, Charles M. Schulz.
È Natale. I bambini pattinano sul ghiaccio felici, la neve scende, nell’aria suonano le canzoni natalizie e tutti sono impegnati nelle decorazioni. Ma Charlie Brown viene assalito da uno dei suoi momenti esistenziali: Non mi sento come dovrei, non riesco a capire il Natale, mi piace fare e ricevere regali ma continuo a non essere felice.
Risuona familiare? È infatti molto comune sentirsi come Charlie durante il mese di dicembre, e l’ho scoperto semplicemente osservando le persone intorno a me. Così a ottobre ho pensato di fare un sondaggio per approfondire meglio questo tema, oggetto di studi scientifici, psicologici, sociologici e azzarderei anche memologici.
Ho cominciato con una domanda nelle mie Stories. Questi i risultati emersi su 237 risposte:
I dati mi offrivano già un’idea generale della posizione in cui si colloca il tono dell’umore relativo alle Feste, con una tendenza decisamente più spinta verso le spettro depressivo rispetto a quello dell’ansia.
Ho quindi portato avanti il mio studio pubblicando un google doc dal titolo “Feste di Natale” (se vuoi partecipare puoi ancora farlo, clicca sul link): nel mio mix di domande a risposta chiusa e domande aperte, si è aperto un mondo, sia tra i vissuti famigliari che tra le esperienze relative alla qualità del sonno. Per semplificare il lavoro di restituzione di ciò che ho scoperto, ho raccolto alcuni dati e alcune considerazioni in un post di LinkedIn che trovi a questo link.
Leggere è stato doloroso, ma terapeutico
Devo ammetterlo. Sono settimane che leggo e rileggo. Studio. Provo a trarre conclusioni. Provo a pensare a come organizzare questa puntata. È stato difficilissimo.
Ho perso mio papà quando avevo 4 anni, mi manca ogni giorno. È stata un ferita che ha sanguinato per anni, mai rimarginata finché non sono andata in terapia. Ora sto bene, ma le feste mi fanno sentire maggiormente la sua mancanza.
Quando inizi a scavare nei vissuti degli esseri umani che sono intorno a te, poi un po’ più distanti, poi sempre più lontani, sconosciuti, e la macchia d’olio si allarga e si allarga fino a che ti ritrovi dispersa in un oceano di sensazioni collegate tra loro da traumi, amore e insicurezze, come un’enorme rete neuronale che pulsa con lo stesso ritmo, parlarne all’esterno è complicato. Come posso spiegare in modo conciso cosa ha scatenato il google form che ho pubblicato? Forse citando alcune testimonianze.
Da piccola ho sempre ricevuto i regali che volevo e festeggiavamo apparentemente tutti insieme. Ogni volta il pranzo lo preparava mamma tra nervosismo e ansie varie, e mio papà ogni volta non aiutava, stava giusto il tempo di mangiare per poi andare al bar come tutti i giorni. In quegli anni Natale era dolceamaro proprio perché tutto sembrava ok, ma sentivo che sotto sotto non lo era veramente. Poi a 13 anni ho scoperto i tradimenti (non solo di mio padre), e da lì è scomparso tutto: niente più regali, niente pranzi, solo giornate dove sentirsi più soli di altri.
Non è solo un problema legato al consumismo estremo e forzato, che obbliga le persone a sentirsi in corsa per l’organizzazione, gli acquisti, i viaggi di ritorno a casa: sotto c’è un manto di malinconia dove si intrecciano a maglia stretta le esperienze dell’infanzia, dell’adolescenza e dell’età adulta.
Da dopo il terremoto del 2012 in Emilia Romagna ho perso tutto ciò che mi ricordava il Natale.
Leggere è difficile, ma vado avanti, perché se 110 persone hanno deciso di rispondere alle mie domande e condividere con me vissuti così intimi, io ho l’obbligo morale di esserne partecipe e farne qualcosa di concreto.
Il mio babbo è mancato a luglio 2013, dopo 2 anni di malattia. Ho ricordi molto confusi dei primi Natale senza di lui, ma ho molto vivida la sensazione di terrore provata nei giorni antecedenti. Gli attacchi di panico e pianto iniziavano di pari passo alla famosa “atmosfera natalizia” che almeno al tempo iniziava a dicembre, non a novembre come adesso. […] Il sonno. Giornate passate sul divano a guardare il niente e assopirmi per riempire le ore, nottate di conseguenza insonni e piene di magone passate a pensare agli altri, alla loro felicità, allo schifo che mi facevano. […] Lo scorso anno, con la famiglia allargata, abbiamo affittato una stanza di un arci decadente, eravamo in 40, un gruppo di gente totalmente a caso. Ognuno ha portato qualcosa da mangiare, sembrava una sagra. Mi sono sentita per la prima volta dopo tanto tempo parte di qualcosa, quasi felice. Ma il 7 gennaio ho tirato ugualmente un sorriso di sollievo. Grazie per questa opportunità.
Ma come riuscirò a sintetizzare tutto in una newsletter? Come riuscirò a dare il giusto valore ai racconti di tutte queste persone? Me lo chiedevo di continuo.
Mia madre è morta la sera di Natale 2010, alle 21:15 circa.
Come trasmetterò i loro messaggi in modo costruttivo?
L’anima della mia famiglia era mia zia Pinuccia, per me una seconda mamma (la mia madrina). Siamo tutti sparsi, lei era quella che riusciva a creare l’atmosfera di festa con tradizioni varie che aveva iniziato. Tre anni fa è morta nel giro di qualche mese per un tumore, lasciando due nipotini ma in realtà tutti noi. La penso tutti i giorni, ma Natale, che per me era sempre stato un momento relativamente sereno pur tra le mie difficoltà personali, non è più stato lo stesso.
Nella parte finale del Google Form, ho chiesto quali strategie venissero adottate per far fronte a questo periodo. Sono così tante e interessanti, che ho preferito pubblicare un documento consultabile piuttosto che farne una sintesi.
Lo trovi qui.
E adesso che facciamo?
Una domanda che mi risuona nelle orecchie da settimane. Cosa faccio di tutto questo materiale prezioso? È complicato dare una risposta, ma ci sto lavorando, ho un’idea, e forse presto ve la condividerò qui.
Meme gentilmente pensato, prodotto e offerto per Pisoliny dalla mente diabolica, pirotecnica e meravigliosa di Andrea Sesta aka Giovedìmeme.
Cose da leggere
Per chi ama il Natale, per chi lo odia, per chi sta ancora pensando a cosa leggere questo mese o cosa regalare alle persone a cui vuole bene: tre consigli di lettura che ho scoperto di recente e che rispecchiano lo spirito di questa newsletter.
Sogno un estremo atto di disobbedienza alle imposizioni delle festività di ogni mese e di ogni natura. Datemi la possibilità, anche solo per una volta, di giocarmi un bonus, una carta di libertà che mi dispensi dai banchetti infiniti, dalle visite, dai convenevoli. Sembrerò triste davanti al grande tribunale dei festeggiamenti e insensibile rispetto a chi non ha nessuno con cui festeggiare, ma vivrò quel giorno con animo leggero per aver trasgredito alla legge implacabile del divertimento.
Maledette feste di Isabella Pedicini
Ho intercettato per caso il titolo di questo romanzo di Isabella, e le ho subito scritto per saperne di più, perché mi divertiva il fatto che proprio mentre scrivevo questa puntata ci fosse in promozione un romanzo che parla degli stessi sentimenti. Ho appena iniziato a leggerlo, mi piace già molto.
Spero che oggi vi riposiate. Spero siate ben consapevoli che l’estrema stanchezza non è una normale condizione esistenziale. Voi siete già abbastanza. Potete riposare. Dovete opporvi a qualunque cosa non metta al centro la vostra natura divina in quanto esseri umani.
Vi meritate un po’ di attenzioni.
Riposare è resistere. Un manifesto di Tricia Harsey
Ho letto questo manifesto anti capitalista in due giorni e mi ha aperto i chakra, come si dice. Tricia Hersey, donna nera e queer, è la fondatrice e vescova del Nap Ministry (tornerò prossimamente a parlarne per approfondire), centro culturale che utilizza il riposo come strumento di resistenza in ottica di comunità, una coperta calda che ci avvolge e ci riporta al nostro io più profondo, citandola. Mi ha ricordato “Sputiamo su Hegel” di Carla Lonzi, ma in una versione innovativa: «Riposare è la nostra protesta. Riposare è resistere. Riposare è una forma di risarcimento». Per Tricia il risarcimento che ci è dovuto è quello di una società che utilizza i nostri corpi per il profitto e non ammette soste: è la stessa società che ha piegato i suoi avi allo schiavismo. Il suo è un messaggio di lotta collettiva, dove con “riposo” non dobbiamo pensare ai nostri sonnellini pomeridiani (o almeno, non solo), ma a un vero e proprio movimento rivoluzionario.
So che il riposo collettivo ci libererà e sposterà le coscienze. Un movimento riposante. Un movimento spirituale. Un movimento politico che affonda le sue radici nella cura e nella giustizia. Ci vorranno tempo e voglia per affrancarsi dal lavaggio del cervello che abbiamo subìto. Il riposo è un at- tento gesto d’amore, e per il resto dei nostri giorni continueremo a svincolarci dalla privazione del sonno e dai condizionamenti sociali riguardanti il riposo. È una benedizione. Riposare è un atto radicale perché si oppone alla bugia secondo cui non stiamo facendo abbastanza, gridando: «È falso. Io sono già abbastanza. Io valgo ora e sempre per il solo fatto di essere qui».
Una delle mie sezioni preferite in libreria è quella dei libri per bambini. “Il libro che dorme” di Cédric Ramadier e Vincent Bourgeau è un bellissimo viaggio nella fase di addormentamento del nostro libro, a cui dobbiamo raccontare storie e dare baci della buonanotte.
Cose da ascoltare
Per concludere, allego alcune canzoni che nell’ultimo periodo mi hanno fatto compagnia nei miei momenti dedicati al sonno, al relax, al lasciare andare.
Chi sono
Mi chiamo Valentina Cesarini, sono laureata in Psicologia Clinica ma da più di dieci anni mi occupo di comunicazione nel mondo digital. Oggi lavoro per GEDI, in particolare sui progetti VD News e FEM, come autrice di documentari, interviste, format in studio e outdoor, progetti speciali e branded content. In passato ho lavorato come content manager/editor/social media specialist/head of content (PIG mag, Deejay TV, Mondadori - TV Sorrisi).
Pisoliny è una newsletter che curo per provare a far pace con le turbolenze del mio sonno, e per parlare a una solidale community di insonni.
Per raccontarmi la tua storia col sonno, per farmi domande o chiedere collaborazioni, scrivimi qui pisoliny@gmail.com.